Intervista a Matteo Nerbi, autore di Utrum E Altri Racconti Di Voce Narrante

Utrum E Altri Racconti Di Voce Narrante è un’antologia di racconti lunghi scritti dall’esordiente Matteo Nerbi. Lo abbiamo intervistato.

Parlaci di te: una piccola biografia specificando quando e dove sei nato, cosa hai fatto nella vita a livello letterario e dove vivi attualmente

Io sono nato nel 1976, in Carrara (MS) , sono da sempre lì residente, e lì svolgo la professione di Avvocato civilista.

Per raccontarvi (tanto per rimanere in tema di racconti …) da dove nasce la mia esperienza letteraria, e quali sono le sue radici, occorre fare un piccolo passo indietro nel tempo. 

Sono sempre stato innamorato della musica, forse perché sono cresciuto a “Hendrix, Beatles e Rolling Stones“.

In questo mio percorso non poteva mancare lo studio di uno strumento musicale, nel mio caso il pianoforte, che mi ha fatto attraversare prima la passione per la musica classica e poi un amore quasi innato, la cui causa ontologica forse risiede in ragioni metempsicotiche: il piano blues e il rag time, i due stili pianistici che ho “sempre sentito dentro“.

Ma, aldilà di questo, l’ambito musicale mi ha permesso per collaborare in vari progetti musicali, in anni ormai passati, come ad esempio “Meccanismi” (EIT – 2011) o “I couldn’t be with you even if I wanted” (June Miller – OuZeL recordings – 2013).

Ecco che l’approccio alla “voglia di scrivere” è nata lì

Matteo Nerbi

Qual è la principale caratteristica del tuo libro?

Prima sono nati i singoli “racconti” ma, mentre li scrivevo, mi sono reso conto che avrebbero potuto essere collegati tra loro in una “raccolta di racconti”, tra loro coerenti, seppur totalmente differenti per tipologia della vicenda narrata.

Che tipo di libro ne è uscito fuori?

 Un infinito messaggio di speranza: i personaggi dei miei racconti hanno tutti un “vissuto” complicato, difficile, il tema del “sopravvivere alla propria quotidianità” è centrale, e una soluzione suggerita loro da Voce Narrante è proprio quella di cercare aiuto e conforto in tutto ciò che rappresenta la storia della letteratura. 

C’è un racconto che ti rappresenta particolarmente?

In Utrum ho tentato di immaginare come le nostre emozioni siano regolate da Leggi simili a quella della fisica e della chimica, ipotizzando, ad esempio, l’applicazione alle emozioni del principio di Lavoisier, per cui “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.

Detto questo, posso dirvi che nei miei racconti non c’è nulla di autobiografico, e nulla che sia esperienza mia diretta.

Ci sono però “frammenti del vissuto” di altri, che mi sono rimasti “appicciati” addosso, e che mi hanno portato a trasformare quella materia emotiva in qualcosa di diverso, in una forma differente; tuttavia, la materia di partenza, prima della sua “trasformazione chimica”, era ed è rimasta comunque quel “vissuto”, un “vissuto altrui”, con cui però ho tentato di fare così profondamente empatia che posso dire di averlo a mia volta patito sulla pelle.

Qual è il tuo rapporto con i tuoi lettori?

Come per tutti coloro che sono alla propria prima pubblicazione, i primi lettori sono persone vicine affettivamente e quotidianamente, che mi hanno dato le loro impressioni, piccole scintille di sorpresa e, anche, di incredulità; quelle piccole scintille, collezionate nei lunghi mesi in cui i miei testi prendevano la loro forma definitiva, sono quelle che mi hanno dato prima la forza e poi la sicurezza necessaria per proporre il mio lavoro nel mercato dell’Editoria.

Quando e perché hai deciso di diventare uno scrittore?

In realtà ho deciso di scrivere, che è una cosa diversa, ovvero, ho iniziato a pensare alla partecipazione a qualche concorso letterario, dopodiché, come si suol dire, “da cosa nasce cosa”.

Ma le radici della mia voglia di scrivere, come peraltro dimostra la particolare attitudine alla “musicalità” dei miei racconti, affondano in un tempo più lontano, quando mi dilettavo in musica, aldilà del mio contesto privato, ma collaborando con altri, in progetti musicali tutti fondati su composizioni “nuove”, mai le classiche “cover”.

Insomma, adesso sono troppo vecchio per “suonare in giro” e quindi non “scrivo più musica”, ma mi limito a “scrivere e basta”.    

Quali sono i tuoi modelli letterari?

Autori di tale importanza nella storia della letteratura che non riesco neppure a immaginare l’idea che io possa “ispirarmi” a loro, come Pirandello, Orwell o Marquez?

Mi limito a citarli espressamente nei miei racconti, come un invito ai miei lettori a rileggerli, come d’altronde ho fatto io.

È facile conciliare l’attività di scrittore con la vita di tutti i giorni?

Per me è molto semplice, l’Io cosciente che corrisponde a Matteo, non si occupa della attività di scrittore, e si dedica alla quotidianità lavorativa e familiare, ma dato che io sono “sdoppiato” in Matteo e Voce Narrante, quest’ultimo è quella parte di me che, nella sua vita contestuale e parallela, si dedica notte tempo all’attività di scrittore.  

Che tipo di lettore sei?

Esigente, perché la lettura per mero diletto, che non mi arricchisca di profonde riflessioni suggerite dell’autore, non mi ha mai appassionato più di tanto, e limitato, perché questo approccio mi ha sempre impedito di apprezzare determinati generi letterari, percependoli come troppo “leggeri”, mentre in realtà probabilmente avevano il dono “dell’immediatezza e della semplicità”, che a me purtroppo manca.

Come sei arrivato alla pubblicazione del tuo libro?

Dopo aver composto i racconti che sono parte della mia raccolta, li ho dapprima candidati in alcuni concorsi letterari, e poi mi sono dedicato alla ricerca di un editore, inviando banalmente alcune email alle case editrici che ho compreso fossero propense ad accogliere autori emergenti; in questa fase mi sono confrontato dapprima con alcuni editori cosiddetti “a pagamento” (fenomeno di cui, da esterno al settore, ignoravo l’esistenza), e poi ho ricevuto alcune proposte editoriali (precisamente tre proposte di altrettanti editori), tra le quali alla fine ho privilegiato quella di GFE, per empatia, serietà e affidabilità dimostrata.

Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per uno scrittore indipendente o comunque che pubblica al di fuori dei colossi dell’editoria?

Le reti social permettono di determinare rapporti che altrimenti non avrebbero potuto crearsi nel primitivo mondo analogico, quindi chi vuole promuoversi in tale contesto come “scrittore indipendente” dispone di strumenti che gli permettono di arrivare “oltre la propria soglia di casa”, in un modo che un tempo era impensabile.

Ma ogni medaglia ha il proprio rovescio, e in questo caso la facilità di accesso a tale contesto ha velocemente determinato il sovraffollamento delle offerte fruibili nell’ambito della rete e questo fenomeno ha a propria volta reso comunque difficile agli “scrittori indipendenti” riuscire a raggiungere il proprio lettore ideale, poiché quest’ultimo è venuto a trovarsi disorientato a fronte di un’offerta sovradimensionata. 

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